“Del maiale non si butta via niente”. Una massima che abbiamo sentito molte volte, uno dei motti più celebri della tradizione gastronomica italiana. La dimostrazione che non si tratta di un semplice modo di dire ce la forniscono i ciccioli di maiale, un salume povero e di estrazione contadina ma dotato di un gusto unico e irresistibile.
Secondo la tradizione infatti i ciccioli si ricavano dagli scarti del maiale: sono nati per sfruttare al meglio ogni centimetro della sua saporita carne, una risorsa preziosa per le famiglie contadine di un tempo. Oggi però i ciccioli, grazie al loro sapore gradevole, stanno riscuotendo nuovamente un grande successo e per la loro preparazione vengono utilizzate parti più pregiate del suino, come pancetta e gola. Prima di scoprire come vengono preparati, andiamo a ripercorrere brevemente la storia di questa pietanza tradizionale.
La tradizione vuole che la ricetta dei ciccioli si mantenga inalterata fin dal Medioevo, epoca alla quale risale la più antica attestazione di questo prodotto. Nelle case mantovane i ciccioli compaiono infatti fin dal 1234, espressione di un'economia agricola che dagli animali da cortile traeva il massimo delle risorse. Ma l’allevamento del maiale è sempre stata la consuetudine in tutta la Pianura Padana, soprattutto tra Emilia e bassa Lombardia: i ciccioli si sono diffusi rapidamente su tutte le tavole degli agricoltori, soprattutto nei periodi autunnali e invernali quando storicamente avveniva la macellazione. Seppur in italiano li conosciamo come ciccioli, il loro nome d'origine cambia da città a città.
Sono chiamati grasul in Romagna, graséi nel Piacentino, grasòl nel Reggiano, gréppole nel Mantovano e grasooli nel Modenese. Ad avere la meglio sulla scelta del nome è ovviamente il loro ingrediente fondamentale: il grasso di maiale.
La lavorazione dei ciccioli inizia infatti prendendo il grasso di maiale e tagliandolo in piccole parti dalle dimensioni irregolari: questi vengono poi messi a bollire all’interno di un paiolo a fuoco lento, così da far fondere la parte grassa e consentire all'acqua contenuta di evaporare. Si fanno cuocere nel paiolo a lungo, almeno finché i pezzi di carne non vengono a galla dallo strutto assumendo un bel colorito rosato. Durante la cottura infatti il grasso si scompone in una parte liquida e una più solida - i ciccioli - che vi sfrigola dentro.
Dopo circa 6 ore di cottura si estraggono i ciccioli filtrando la parte liquida, che diventerà poi lo strutto limpido e sapido adoperato in molte altre preparazioni tipiche del nord Italia. La prova dell’avvenuta cottura si effettua stringendo tra le dita un pezzo di cicciolo: se questo fa fuoriuscire immediatamente l’unto, significa che è pronto e che un prolungamento della bollitura finirebbe per renderli troppo secchi. Una volta estratti i ciccioli vengono adagiati all’interno di un telo e vengono pressati in un piccolo torchio che ne estrae il grasso liquido rimanente, asciugandoli completamente e conferendogli la loro tipica croccantezza.
Durante la pressatura i ciccioli frolli possono essere insaporiti con alcuni aromi, per conferire loro un gusto più speziato e deciso. Possiamo trovare così i ciccioli frolli all’alloro, una prelibatezza per i palati più raffinati; oppure i ciccioli frolli al peperoncino, una golosità per chi preferisce un gusto piccante e saporito. Ma gli aromi possono essere tantissimi, dalla noce moscata ai chiodi di garofano, dalla cannella al pepe nero. Cambiano spesso da provincia a provincia, da città a città e da produttore a produttore: per esempio, alcuni preferiscono salarli, altri invece non lo fanno. Ciò che è importante è che gli aromi vengano inglobati per bene nel composto, conferendo ai ciccioli il loro gusto inimitabile e rendendoli uno snack perfetto adatto a vari momenti della giornata.
Esiste però un altro salume tradizionale della zona emiliana che deriva da un intelligente recupero di carne altrimenti difficile da consumare e conservare: la cicciolata. Questa viene preparata utilizzando un misto di grasso e carne cotta che viene fatto bollire per ore con verdure ed erbe aromatiche, simili a quelle usate per fare un buon brodo. Quando è cotta, si toglie tutta la carne e la si trita grossolanamente; quindi si aggiungono ciccioli croccanti, sale, pepe, alloro, e si fa cuocere ancora un po’ per amalgamare bene il tutto.
Poi si avvolge l’impasto ancora caldo in un telo di lino, lo stesso che usano i casari per estrarre le forme di Parmigiano Reggiano dalle caldere, e si schiaccia con una pressa di legno per far uscire il grasso in eccesso. Questa procedura conferisce al salume la sua tipica forma compatta, simile ad un blocco di granito. Nonostante sia considerato un salume “povero” è invece una vera rarità, perché difficilmente si trova al di fuori dalla provincia di Parma.
Dato che sono costituti per oltre la metà da grasso, i ciccioli di maiale hanno un sapore molto intenso. Nella tradizione venivano accompagnati dalla polenta e rappresentavano un pasto sostanzioso. L'abbinamento è diffuso ancora oggi, anche se i ciccioli si sgranocchiano soprattutto come aperitivo, insieme a un buon bicchiere di Lambrusco, mentre sbriciolati possono rendere più gustosi il pane, la pizza e le focacce.
La cicciolata invece si gusta tagliata a mano, in fette piuttosto spesse, accompagnata con pane fresco o, meglio ancora, su fette di polenta cotta in forno o alla brace; oppure tagliata a cubetti a mo’ di stuzzichino, accompagnata da un bicchiere di buon vino.
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