L’anno della pandemia ha visto l’ingresso di otto nuovi presidi Slow Food nazionali nell’elenco che raccoglie i cibi e le pratiche alimentari da preservare, valorizzare e divulgare al pubblico, a tutela della biodiversità – sia culturale che relativa alla ricchezza di specie animali e vegetali da cui siamo circondati.
Slow Food significa sostenibilità, lungimiranza nel considerare l’importanza di una dieta varia ed equilibrata per il nostro benessere: significa difesa delle tipicità in via d’estinzione dall’omologazione a cui è soggetto il mercato, anche tramite l’educazione e l’aumento di consapevolezza dei consumatori.
Le linee programmatiche dell’Associazione Slow Food per il 2021-2025 si propongono come obiettivo quello di mettere in evidenza l’importanza di avere accesso ad un cibo “buono, pulito e giusto”, che non nasca dallo sfruttamento indiscriminato della terra e delle sue risorse ma dal rispetto dei ritmi di Madre Natura, allontanandosi dagli sprechi e dalla “fast life” promossa dal consumismo.
I prodotti-simbolo dei principi sopra elencati sono proprio i presidi Slow Food, oltre 350 in totale solo nel territorio italiano: tra di essi troviamo i più “giovani”, da poco accolti nella lista che li raduna (in continuo aggiornamento).
Ecotipo proveniente dalla Campania, il Fagiolo di Gorga è un legume che si narra piacesse alla regina d’Asburgo Maria Carolina, sovrana di Napoli che ne avrebbe lodata la dolcezza. Piccolo, candido, il fagiolo di cui stiamo parlando ha un sapore delicato e una digeribilità ottima, è rapido da cucinare e già inserito in una ricetta tipica, quella dei “ciccimmaretati” (si tratta di una zuppa preparata nel Cilento con diversi legumi: questo piatto ha persino la sua sagra nel mese di agosto!).
Senza spostarci in un’altra regione, troviamo sempre in territorio campano il presidio Slow Food del Pecorino di Carmasciano, ottenuto dal latte di due diverse specie di pecore, la Laticauda e la Bagnolese: ci troviamo in una piccola zona di pascolo nella Valle d’Ansanto, caratterizzata da una peculiare presenza di esalazioni sulfuree. È proprio lo zolfo ad aromatizzare il latte da cui poi, con un invecchiamento ottimale di 12 mesi, si ottiene questo delizioso pecorino, prodotto da febbraio a luglio.
Infine, sempre campana è la cipolla di Airola, raccolta a mano e destinata ad insaporire in maniera delicata le insalate o a realizzare un caratteristico condimento per la pasta.
Benché corrispondano ad un’unica voce nell’elenco dei presidi 2020, gli antichi meloni reggiani sono in realtà un’intera categoria di cucurbitacee che comprende meloni retati come il ramparino, meloni lisci come il rospo e meloni invernali come il melone banana Santa Vittoria, introvabili nella GDO e inadatti alla conservazione a scaffale per lunghi periodi. Insieme a loro, tra i presidi romagnoli di ultimo ingresso in lista troviamo anche la pesca dal buco incavato, detta anche “pesca di Massa Lombarda”, che si raccoglie da metà agosto a metà settembre.
Oltre alla cipolla di Airola, nella lista dei presidi Slow Food rientra anche la cipolla rossa di Breme, enorme e dolcissima varietà coltivata in realtà anche in Piemonte: coltivata dai monaci benedettini della bassa Lomellina, si utilizza cruda o cotta, per ottenere anche composte, confetture e mostarde.
Spostandoci a Tivoli, invece, troviamo l’uva corna, che caratterizza il paesaggio tiburtino sin dall’epoca romana; il presidio dell’uva Pizzutello comprende anche le tecniche di messa a coltura di questa varietà, legata al tipico sistema di pergole con pali in legno, che nel tempo sono stati sostituiti da strutture in ferro e cemento molto meno compatibili sia con le piante che con il paesaggio.
Infine, l’ultimo presidio di cui vi parleremo è d’origine umbra: si tratta del grano saraceno della Vanerina, naturalmente privo di glutine e coltivato da soli tre produttori.
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