Per l’appuntamento odierno di “The Italian Wine Podcast” ci troviamo in Sardegna, all’interno dell’antica tenuta vitivinicola di Sella&Mosca. Qui incontriamo Vittorio Moretti ed il professor Attilio Scienza: amici da più di quarant’anni, i due si sono conosciuti proprio grazie alla comune passione per l’enologia, che tutt’ora li lega e li porta ad indagare il territorio sardo di Alghero, la DOCG di Gallura e la più piccola porzione di vitigno di Carignano del Sulcis, per rendere i vini della tenuta sempre più competitivi a livello qualitativo.
Il professor Scienza lavorava all’Università di Milano, con cui collaboravamo: l’ho conosciuto lì, e per me è sempre stato il massimo conoscitore delle vigne in Italia, oggi ancor più di prima. Mia figlia e molti dei miei collaboratori hanno studiato con lui, ma non credo abbia avuto allievi che hanno raggiunto il suo stesso livello d’esperienza.
Il nostro è sia un rapporto d’amicizia che una collaborazione di lavoro, prosegue il professore.
Aiutavo a realizzare gli impianti e a trovare il materiale genetico migliore, i portainnesti, i cloni. Il momento più importante per me è stata la zonazione in Franciacorta, una delle prime sul nostro territorio. Abbiamo cercato di conoscere le specificità di ogni terroir per indirizzare la produzione dei grappoli d’uva più adatti alle singole sottozone, continuando poi a svolgere le stesse indagini per Petra e le altre tenute. Per fare una selezione massale di Merlot siamo persino andati in Francia, nella regione viticola di Pomerol, dove si produce il Pétrus: nessuno in Italia aveva fatto qualcosa del genere.
Abbiamo fatto talmente tante cose, è difficile sceglierne una! Tutte le vigne che abbiamo sono scaturite dal lavoro di Attilio, Bellavista, Petra, La Badiola, fino ad arrivare qui, a Sella&Mosca, dove forse la situazione è più complessa.
Quest’azienda nasceva alla fine dell’Ottocento, grazie all’interessamento di due piemontesi», continua il professor Scienza. Fino a qualche tempo fa ci si concentrava sull’efficientamento e la riduzione dei costi, non si volevano vini particolari o qualitativamente superbi: il momento commerciale era diverso, e anche i gusti delle persone. Oggi l’operazione che si sta facendo è rivolta ad un recupero della qualità, che s’impernia su poche varietà locali. Occorre sviluppare un’enologia moderna, fatta anche di spumanti, di metodo classico, per cui serve una base ottima; l’obiettivo per i prossimi anni è produrre Vermentino e Cannonau con del potenziale, studiando la geografia del luogo come non è mai stato fatto prima.
Vittorio ha fatto fare le analisi per i primi 70 ettari, pian piano quello studio si amplierà per scoprire la composizione del suolo, dove si intrecciano rocce d’origine marina e angoli vulcanici, dove ogni particolarità dev’essere funzionale a trovare i portainnesti e i cloni più adatti – quelli sardi, quelli francesi della Corsica, quelli del Tirreno. Vorremmo piantare viti autosufficienti, che non abbiano quasi bisogno di irrigazione: le operazioni che stiamo svolgendo in questo senso sono innovative, non vengono tradizionalmente eseguite.
Ho intrapreso questo nuovo percorso a 75 anni, afferma Vittorio, ma avevo già visitato l’azienda 30 anni fa. Da allora mi è rimasta nel cuore e ho avuto il desiderio di investire in queste terre da molti definite “sperdute”: la versatilità del luogo è massima, e la produzione quantitativamente elevata. I nostri altri marchi – Bellavista, Contadi Castaldi, Petra – fanno numeri contenuti, di nicchia: avevamo bisogno di un prodotto più inclusivo per il mercato, accessibile per tutti.
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