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I 5 migliori formaggi ubriachi italiani che devi assaggiare

Ubriacare un formaggio non è semplice. Oggi se andiamo a fare la spesa al banco ne troviamo di tutti i tipi, eppure solo alcuni di loro si possono fregiare del nome di formaggio ubriaco. Dietro c’è una tecnica non facile che prevede una rifermentazione del formaggio nel vino o nelle vinacce. Il solo contatto con il vino non ne fa per forza un ubriaco.

Quante volte ci capita di prendere un formaggio ubriaco che ha il colore bellissimo all’esterno ma poi all’interno rivela una pasta completamente chiara e sostanzialmente anonima che non sa di nulla? Che delusione che si prova a volte. Allora ci si rende conto di essere stati presi in giro e magari si può arrivare a pensare che l’ubriacatura non è altro che una semplice coloritura della crosta e che il prezzo di tali formaggi pseudo-ubriachi molte volte è anche fin troppo conveniente per la nomea che hanno. Diffidate di tali prodotti ingannevoli, perché i formaggi ubriachi sono prodotti preziosi e di pregio.

L’ubriacatura del formaggio era una tecnica che veniva usata da alcuni contadini del Montello, nel trevigiano, che, durante la Prima Guerra Mondiale, per salvare le proprie riserve alimentari dalla fame delle guarnigioni di soldati straniere mettevano le tome del formaggio all’interno di botti dove tenevano le vinacce o il vino. Una tecnica che è resistita fino alla fine della seconda guerra mondiale e che è arrivata alla conoscenza di un casaro trevigiano che segnerà la storia degli affinati italiani: Antonio Carpenedo

Antonio sapeva di alcuni contadini che acquistavano varie forme intere non stagionate e che poi le immergeva tra le vinacce delle uve tipiche di quelle zone, dal Raboso doc del Piave alle uve del Prosecco docg, oppure i vari Merlot e Cabernet veneti. Da lì ebbe l’idea di riprodurre quella tecnica e definirla una tecnica vera e propria per l’ubriacatura. Inventò anche il nome da dare a quei formaggi: ubriachi. Sì, proprio così, il nome Ubriaco è stato registrato dalla famiglia Carpenedo e rimarrà loro, anche se nel tempo è diventato di gergo alimentare comune. Antonio, da quella intuizione ispirata da quella storia e tradizione locale quasi sconosciuta ai più, ne fece un vero cavallo di battaglia dell’azienda, lavoro che è stato poi premiato lo scorso anno come Miglior Affinatore d’Italia all’Italian Cheese Award. Su quelle orme molti sono stati i casari e gli affinatori che lo hanno seguito con prodotti di grande pregio. 

Tra i più grandi formaggi italiani affinati nel vino non possiamo esimerci dal citare l’antesignano, il precursore di questa tipologia: l’Ubriaco al Raboso, che rappresenta il primo vero ubriaco italiano. Con la stessa tecnica tradizionale dei contadini trevigiani, adattata poi da La Casearia Carpenedo, in questo formaggio sentiamo tutta la forza del vino e dei suoi aromi penetrati all’interno della forma. Venature rosse si moltiplicano nella pasta e sono segno indelebile di altissima qualità.

Un altro grande formaggio ubriaco è certamente l’Occelli al Barolo del grande Beppino Occelli, altro guru degli affinamenti in Italia. Una formaggella di latte vaccino poco stagionato che viene lasciata immersa tra le vinacce di Barolo per almeno due mesi. Poi lasciata affinare sulle assi di legno nelle cave dell’azienda di Occelli e quindi passato nel vino secondo un’antica tecnica piemontese. 

Un formaggio che ha ottenuto i più grandi riconoscimenti a livello mondiale è senza dubbio il Blu 61, sempre uscito dalla mente creativa di Antonio Carpenedo di Camalò. Un Bleu vaccino che viene immerso nel passito di Raboso e poi guarnito con Cramberries di origine canadese. Un formaggio cremoso che si può collocare a fine pasto come vero e proprio dessert. Una delizia che è ricercata in tutto il mondo, tanto da finire dietro le vetrine di Harrod's a Londra.

Segnaliamo altri due ubriachi che hanno conquistato il mondo. Il primo è il Capo di Stato della famiglia Carpenedo prodotto con il mitico vino Capo di Stato di Loredan Gasparini di Venegazzù: piacevolezza all’ennesima potenza. Il secondo è di un altro grande affinatore, sempre trevigiano, che ha scardinato il World Cheese Award di Londra con numerosi premi assieme ad Antonio Carpenedo: il grande Carlo Piccoli. Il suo Ubriaco al Traminer è senza dubbio un grandissimo prodotto di rara piacevolezza.

Diffidate dunque dalle imitazioni quando prendete un formaggio ubriaco. Sono perle di qualità italiana che vanno salvaguardate e valorizzate a tavola. Rappresentano infatti un patrimonio culturale e storico della tradizione casearia italiana.

Bernardo Pasquali

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