In pianura padana gli anziani dicono che questo inverno è paragonabile a molti degli inverni di una volta, quando loro erano bambini. Non solo per le nebbie fitte di dicembre, ma soprattutto per il ghiaccio che ha indurito le zolle dei campi e fatto rifiorire la brina sulle piante per lunghi giorni.
Ambientazione da “Albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi, ve lo ricordate? Un clima rigido che però fa bene e finalmente riporta un po’ di ordine in una natura a volte così scombussolata. Una manna dal cielo che aiuta le piante a ritirarsi finalmente in uno stato vegetativo bloccato che aiuta la purificazione della linfa e l’eliminazione di molte malattie che potrebbero comparire in primavera.
Ma questi freddi rigidi sono una manna dal cielo anche per chi produce salumi. La pianura padana è rinomata per le sue nebbie umide e fredde che avvolgono come un manto tenebroso e ovattato ogni spazio di vita, ma proprio questo clima così ostile nasconde un aspetto positivo che da sempre viene sfruttato dall’uomo. I salami delle nebbie, così li chiamavano in terra mantovana, erano appunto i primi salumi stagionati nelle cantina umide dei tempi invernali.
Dopo le macellazioni dei maiali, come vuole tradizione a partire dal 13 dicembre di ogni anno (quindi questo periodo), se passate da qualche cantina in terra veneta o lombarda troverete appesi salami e soppresse che stanno “spurgando”, ovvero liberando l’acqua residua dei tessuti rimasta all’interno della pasta. Umidità che viene assorbita dall’esterno con una infiorescenza di muffe cotonate e spesse che ricoprono le forme. È una lenta maturazione che durerà almeno fino alla fine dell’inverno e che può allungarsi anche oltre, dipendentemente dalla qualità finale del prodotto. Maturazioni lente che un tempo erano mediate appunto dal freddo e dall’umidità relativa che garantiva alle muffe superficiali un habitat idoneo.
Se ci spostiamo un po’ più a sud, in terra parmense ed emiliana, il salume cambia e si passa da quelli a pasta macinata ai pezzi interi. Entriamo nella stanza nobile dei Parma DOP, dei Culatelli di Zibello DOP, delle culacce con cotenna tipiche delle colline di Langhirano. Anche qui, dopo un periodo di salagione, le forme rimangono appese per alcuni mesi per la maturazione lenta, dipendentemente dalla tipologia del prodotto finale. E anche qui è il tempo delle muffe e dei batteri “buoni” che elevano la piacevolezza e la pregevolezza dei prodotti finali. Tutto questo avviene ancora nelle splendide cantine sotterranee di artigiani prosciuttai grazie al freddo e all’umidità della pianura.
Insomma quest’anno sembra sia l’anno ideale per la riconciliazione del mondo della produzione norcina con la natura. È per questo che anche i prodotti più artigianali ne beneficeranno, laddove non esistono mega impianti di condizionamento degli affinamenti in modalità artificiale. Questo inverno sarà da ricordare forse proprio per la sua capacità di interpretare fedelmente quelli che sono i parametri effettivi di stagionatura naturale dei grandi salumi italiani di pianura.
Bernardo Pasquali
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