Oggi ormai siamo tutti abituati a definire come Ubriaco ogni formaggio che sia stato affinato nel vino. È diventato un termine comune che fa parte del lessico quotidiano, almeno di quello del cacio. Ma esattamente da dove proviene questa abitudine di usare il termine “ubriaco” per descrivere questo specifico tipo di formaggio? La storia è di quelle che molte volte accomunano tante produzioni italiane di successo. E cioè quando si parla di caso, fatalità, oppure quando gli eventi costringono a fare di necessità virtù.
Antonio Carpenedo de La Casearia Carpenedo ci racconta di una tradizione che molti contadini e vignaioli della zona del trevigiano, soprattutto della pedemontana, mettevano in pratica: e cioè di mettere le tome di formaggio non ancora stagionate all’interno di botti in cui risiedevano le vinacce. Una tradizione nata per caso negli anni della Prima Guerra Mondiale quando i contadini e i caseari, per salvare le tome di formaggio dalla razzia dei soldati austroungarici, le nascondevano sotto le vinacce. Una pratica che poi si è persa lungo il corso degli anni, restando però una tradizione che accomunava solo qualche famiglia.
Ma Antonio come venne a conoscenza di questa tradizione? Un contadino si rivolgeva ogni anno ad Antonio per avere delle forme di Montasio poco stagionate da portarsi a casa e questo lo fece insospettire. Antonio si chiedeva “Ma cosa se ne fa ogni anno del Montasio ancora fresco e non stagionato?”, così un giorno si decise a chiederglielo. Il contadino gli rivelò questa particolare tecnica e gli portò una forma dopo lo stazionamento nelle vinacce appena svinate per farglielo assaggiare. Antonio si accorse che il sapore del formaggio cambiava considerevolmente in meglio. Da qui partì la sua idea di replicare quel sistema di affinamento e di migliorarlo per garantire una migliore riuscita dell’ubriacatura.
Da qui incominciò la produzione di formaggi nuovi e decise di chiamare questo tipo di prodotti con il nome “Ubriaco”. I locali ai quali vendeva questi prodotti ne rimasero entusiasti! È esattamente così che partì il primo laboratorio di affinamento riconosciuto a livello ministeriale in Italia. Da lì poi nacque un mondo, adattando quella idea di “resistenza” e conservazione contro i belligeranti di un tempo in una tecnica sopraffina che ha creato una nuova categoria di formaggi in Italia e nel mondo. L’intuizione di Antonio ci ha resi un po’ tutti più felici a tavola. Sì, perché cosa sarebbe oggi un tagliere di formaggi senza un formaggio ubriaco?
Bernardo Pasquali
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