Il 2016 ha segnato per l’Italia l’anno decisivo sul fronte della produzione e vendita di salumi sul mercato internazionale. Con un valore complessivo di circa 1,8 miliardi di euro (fonte ISMEA), ha superato anche il colosso tedesco. Si tratta di un risultato che deriva da molti fattori ma che si traduce semplicemente in un termine che convince il consumatore dentro e fuori l’Italia: qualità.
L’arte norcina e salumicola italiana affonda la sua storia nei primi secoli della sua nascita, un’arte che deriva dal fatto che gli animali più noti per la produzione di carne erano non solo i bovini ma, in grande quantità, i suini, con le loro carni grasse ideali per essere manipolate e stagionate anche per lungo tempo. I paesi mediterranei ancora oggi sono leader nella produzione di salumi, soprattutto derivante dalla macellazione dei maiali. Pensiamo ad esempio alla Spagna con il suo Jamon nelle varie versioni, serrano, iberico, il Pata Negra, il puro Bellota.
Il clima ha sempre decisamente condizionato la produzione dei salumi. La cultura gastronomica e le necessità dell’uomo nel suo territorio ne hanno condizionato la lavorazione. Il grasso è l’elemento differenziale tra i popoli del nord e del sud. La necessità di energia proveniente dalla carne come fonte di riscaldamento del corpo era importantissima tra i popoli del nord, ed è per questo che in Francia e Germania resistono piccoli salumi con quantità notevoli di grasso cubettato finemente e miscelato assieme alla parte magra. Un po’ quella tradizione era anche tipica dei popoli del nord Italia, sfociata nella produzione dei famosi salami e sopresse. Una di queste oggi ha raggiunto anche la DOP, la Soppressa vicentina.
Più ci si allunga verso sud e più i salumi tendono a diventare magri e perdere la loro concentrazione di grasso disperso. L’arte dei pezzi unici poi dipende moltissimo dalle condizioni climatiche ed ambientali. Le regine indiscusse di questi prodotti sono certamente l’Italia e la Spagna. L’utilizzo delle cosce dei maiali, di diversa razza, è uno dei motivi comuni dell’alta qualità della tradizione norcina europea. Tipologie differenti di grasso e di consistenza delle carni, maiali che hanno masse di fibra molto più accentuate e solide nelle cosce iberiche con una densità del grasso più vischiosa. Sono salumi più adatti alla lavorazione e al taglio con il coltello in morsa.
La Valle padana, invece, con le sue nebbie storiche, ha da sempre rappresentato l’ambiente ideale per la stagionatura delle cosce dei maiali rosa che possono raggiungere anche grandi pezzature, fino ad oltre i 200kg, i cosiddetti maiali pesanti. La cosa che li differenzia dagli altri salumi spagnoli non è solo la razza e l’allevamento, che di solito in Italia è stanziale, ma soprattutto la stagionatura e la tipologia di salagione. Il prodotto che ne esce è un ottimo salume ideale per il taglio a fette sottili, come il prosciutto crudo di Parma, con la possibilità di stagionature più prolungate per il San Daniele e i prosciutti toscani o di Norcia, in generale del centro Italia.
Esistono poi dei salumi italiani che assomigliano agli spagnoli ma si deve arrivare a sud con il maiale grigio del Casentino, il maiale nero della Sila, il maiale nero delle Nebrodi. Ma qui cambia anche la razza e la tipologia di allevamento, più brado.
L’utilizzo di erbe aromatiche nei salumi è un’altra differenza sostanziale che differenzia i vari prodotti italiani e stranieri. Prodotti come la Finocchiona toscana oppure la ‘nduja o la soppressata sono uniche nel loro genere. Finocchietto selvatico, peperoncino, e altre erbe mediterranee, lo dice la parola stessa, fanno parte del nostro habitat climatico tipico. Solo in Ungheria si utilizza la paprika per insaporire alcuni salumi dove la macinatura della carne però è decisamente sottile e quasi impercettibile a volte.
C’è un solo plus che rimane decisamente italiano ed è quello dei salumi da carne fresca come Cotechino e Zampone. Due prodotti che non hanno rivali a livello internazionale. L’antesignano nobile dei due insaccati è la Salama da sugo ferrarese IGP.
Un altero valore aggiunto che è difficilmente riscontrabile in tutti i paesi europei è inoltre la diversificazione dei prodotti, in base al chilometro di appartenenza. Cosa si intende? Provate a fare una lista dei salumi che potete trovare a partire da nord a sud dell’Italia. ma fatelo pure semplicemente considerando di fare un percorso breve di una sola provincia: ogni borgo, ogni paese, ogni contrada vi diranno che quello è il loro salume tipico. E qui entra in campo l’unicità e la creatività del popolo italiano che è l’ingrediente immateriale ma, più determinante, che ne caratterizza qualità e rarità.
Bernardo Pasquali
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