L’estate è arrivata ancor prima che la primavera potesse dire la sua: siamo passati dai 10-15 gradi delle prime settimane di aprile e tutto d’un tratto si toccano i 30 gradi. Il tempo non ha più stagioni. Purtroppo non è più un laconico lamento di qualche anziano signore annoiato al bar. Ora si fa sempre più realistica la percezione di un cambiamento epocale delle temperature finora conosciute su questa Terra. Cerchiamo di trarne qualche positività, da un punto di vista gastronomico.
Il sole e il calore hanno fatto sbocciare improvvisamente molte tipologie di erbette di campo e le passeggiate bucoliche tra campi e argini diventano ora più interessanti e affollate di bontà. Non chiamatele erbacce! Sono erbette miracolose e serbano in esse sapori di un tempo che non c’è più o, meglio ancora, di un tempo che sta tornando di moda nei nostri piatti. Cucinare con le erbette di campo è sempre più di tendenza, spesso avvicinate al riso, ma per arrivare a cucinare queste prelibatezze della natura che rinasce bisogna conoscere bene le varie tipologie di prodotti.
Ad esempio: sapete cosa sono le Acetose? L’Acetosa è un’erba che si raccoglie ad aprile e viene anche chiamata erba brusca o erba ossalina. Le sue foglie hanno un sapore leggermente acidulo, in più ha un gambo rosso striato e un fiore di maggio di colore verde rosa a grappoli. Il risotto all’acetosa è un ottimo piatto da preparare con le foglie e le cime più giovani. Un’ottima ricetta è quella con del buon riso Arborio mantecato con del formaggio dolce di pecora fresco e del buon Olio Extravergine di Oliva. Il tutto condito con un po’ di pepe nero e una spruzzata di noce moscata.
Adesso vi presento un’erbetta che ha tanti nomi e il suo utilizzo in cucina è straordinario sia da cruda che da cotta. Nel risotto fa sempre un figurone! Il suo nome? Il Dragoncello. Si possono anche chiamare molesini, schioppettini, valerianella, eccetera. Sono delle piante che si trovano molto spesso lungo gli argini dei fiumi, lungo le strade capezzagne vicino ai campi. Le loro foglie sono spesse e morbide, soprattutto quando escono dalla terra. Tendono poi con il tempo a indurirsi e, quando lo stelo si innalza, produce dei piccoli fiori che sembrano dei piccoli palloncini che invitano ad essere scoppiati per gioco. Una volta pulita l’erbetta viene mangiata a crudo oppure un’ottima soluzione è con del riso Vialone Nano che produce sempre degli ottimi risotti all’onda. Ottima da sola, mantecata con Olio Extravergine di Oliva e qualche scaglia di formaggio Monte Veronese fresco in mantecatura finale.
Punge, fa male, di solito la evitiamo quando ne vediamo le foglie appuntite e talvolta lanose: è l’Ortica. Bisogna essere bravi a raccoglierla per non irritarsi la pelle. A dire la verità vecchi saggi dicevano che dare dei colpi di ortica sulla pelle, ogni tanto, fa bene in quanto fluidica meglio il sangue migliorando la sua circolazione. Sarà, però noi ve la presentiamo come ingrediente fondamentale di tanti piatti di cucina a base di erbe spontanee. L’ortica diventa dolce con una bellissima sensazione clorofilliana di vegetale ed erba fresca. Ottima da abbinare ad un risotto fatto con del riso Carnaroli e avvicinata a della salsiccia tradizionale. Ottima poi da insaporire e mantecare con delle scaglie di Vezzena Vecchio sul finale, anche come guarnizione del piatto.
Quante volte ho visto le signore in campagna con un cestino di vimini e un piccolo coltellino chinate all’insù! Era il segno che la primavera era arrivata e soprattutto erano arrivate le erbe amare che piacevano tanto. Il Tarassaco, che da noi a Verona si chiama anche Brusaocio ma viene anche chiamato Pissacàn (e qui non si lascia molto all’immaginazione…), è l’erba verde più comune. Fa un bellissimo fiore giallo che poi sfocia in un soffione. Ma quando si raccoglie fresca la sua sensazione amarognola nel finale e la sua piacevole consistenza sono un ottimo corroborante per il nostro organismo. Sono molteplici i risi che si possono abbinare a questa erbetta di campo ma si può anche azzardare del Riso Integrale con una sua bella rusticità nel sapore. Le erbe prima è meglio bollirle oppure, meglio ancora, cuocerle a vapore. Poi si tagliano a pezzettini piccoli e si mettono nel riso quando sta arrivando a un terzo della cottura. A quel punto si tiene mescolato il risotto e si consiglia di impreziosirlo con della pasta di salame oppure, se si vuole rendere più intrigante, con dei pezzi di soppressata piccante che fondono durante la cottura. Mantecare con Olio Extravergine di Oliva e servire con dei ricci di formaggio Malga Mariech stagionato. Straordinario!
Non possiamo dimenticare il re delle erbette di campo: il Luppolo, detto anche Bruscandolo. Provate a chiedere in qualche ristorante quanto costa un piatto con questa erbetta semplice… nemmeno fosse oro! Eppure si tratta di un’erba che per essere raccolta necessita di tempo e, a volte, di coraggio, in quanto, in molti casi, si trova su rocce dismesse, siepi pungenti, boschi fino a 1500 metri. Il Luppolo, prima che vada in fiore, si abbina alla perfezione con l’ingrediente con cui si abbina meglio: il riso. I risotti che predilige sono tutti all’onda normalmente e quindi la qualità più adatta è il Riso Vialone Nano e, in questo caso, vista la tipologia del sapore finale dell’erbetta, vi consigliamo un riso stagionato. Perché no? Il Riso Riserva della famiglia Stoppato. Il Luppolo viene cotto al vapore per lasciare maggiore sapore, poi viene lasciato intero e messo a cuocere nel risotto insieme a del vino bianco aromatico. Si consiglia di mantecarlo con un formaggio delicato e noi vi consigliamo il formaggio Moesin che ha comunque una bella sapidità cremosa. Finite il piatto con un po’ di pepe e mantecate con un po’ di Lardo di Colonnata tritato nel finale. Una goduria primaverile.
Bernardo Pasquali
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