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Giornata della Terra: i cibi che rischiamo di non mangiare più

Ci sono dei cibi che potrebbero sparire dalla faccia della Terra. Non è allarmismo, purtroppo è realtà: diverse ricerche negli ultimi anni hanno dimostrato che se non si fronteggiano i cambiamenti climatici e se non viene tutelato adeguatamente l’ambiente questo può davvero succedere. Ecco perché ogni anno, dal 1970 a oggi, si celebra la Giornata della Terra, o “Earth Day”: esattamente un mese e due giorni dopo l’equinozio primaverile si cerca di richiamare l’attenzione a questa importante tematica attraverso sensibilizzazione, eventi e campagne. Tutelare l’ambiente è importantissimo e anche noi di Spaghetti & Mandolino cerchiamo di fare la nostra parte sensibilizzando sui rischi che corriamo, cercando di promuovere il più possibile la giusta condotta e di premiare il produttore che persegue la giusta etica nel totale rispetto della natura.

Il clima sta cambiando e se non si adottano soluzioni efficaci e comportamenti più maturi nei confronti del nostro ambiente circostante rischiamo, tra le altre cose, di perdere per sempre alcuni alimenti a rischio. Vediamo quali sono.

IL MAIS
L’innalzamento delle temperature sta provocando un aumento del rischio di sviluppo nel mais di alcuni tipi di tossine. Attualmente il problema riguarda le aree di coltivazione del Mediterraneo e dell’Est Europa e potrebbe causare presto una impossibilità di utilizzo di questo cereale per l’alimentazione umana e per quella degli allevamenti di bestiame. Inoltre, entro la fine del prossimo decennio il 30% delle arie destinate alla coltivazione del mais nell’area sub-sahariana non saranno più adatte a questa coltivazione, con la necessità quindi di doverle riconvertire entro il 2025.

I FAGIOLI
Entro i prossimi 10 anni, sempre nell’area sub-sahariana, il 60% delle terre destinate alla coltivazione di legumi diventerà impraticabile: questi infatti non amano il caldo perché le temperature troppo alte riducono la fertilità del seme. Un report del Ciat (International Center for Tropical Agricolture) qualche anno fa aveva lanciato l'allarme: entro il 2050 in queste aree le colture potrebbero addirittura dimezzarsi. Intanto l'Arca del Gusto di Slow Food ha messo sotto tutela, nelle Filippine, il fagiolo kadyos: qui il cambiamento climatico ha portato a stagioni di semina irregolare con gravi conseguenze sul raccolto.

IL CAFFÈ
Due miliardi e mezzo di tazzine: questo è quanto se ne consuma ogni giorno. I nostri nipoti potrebbero non assaggiarne nemmeno un goccio. Uno studio parla infatti, nello scenario peggiore, di una completa sparizione della coltivazione arabica in Africa entro il 2080. In America centrale la crescente siccità diffonderà ancora di più i parassiti: già nel 2013 il raccolto è diminuito per questo motivo del 20%.

IL CACAO
Le problematiche sono le stesse anche per il cacao. Le coltivazioni in Ghana e Costa d’Avorio entro il 2050 rischiano l’estinzione a causa dell’innalzamento della temperatura che causerebbe l'evapotraspirazione nelle piante che comprometterebbe il loro ciclo di vita. La zona di coltivazione dovrebbe spostarsi dai 100-250 metri di altitudine attuali ai 450-500 metri, ma a quel punto la quantità di cacao disponibile diventerebbe molto inferiore a quella attuale e, di conseguenza, renderebbe il cioccolato molto più costoso.

MOLLUSCHI E CROSTACEI
L’acidità dell’acqua sta aumentando con l’innalzarsi della temperatura e ciò rende sempre più difficile la formazione del guscio in molluschi e crostacei. Una variazione del ph dell’acqua modifica anche il sapore stesso dei molluschi, rendendoli più amari.

IL VINO
Lo scorso marzo la Nasa ha pubblicato uno studio che lancia un vero e proprio allarme sul vino: negli ultimi decenni i vigneti hanno di volta in volta sempre più anticipato il momento del raccolto. Occorre quindi spostare le coltivazioni sempre più in alto, ma questo condiziona il gusto finale del vino dato che la maturazione e le proprietà delle uve sono strettamente legate al clima e al terroir. Al Vinitaly, la stessa Coldiretti l’anno scorso ammise che negli ultimi 50 anni i vini hanno aumentato la loro gradazione di un grado e che le cantine stanno cercando soluzioni sempre più diverse per coltivare a quote più elevate, arrivando fino ai 1200 metri di altitudine.

IL TÈ
Dopo l’acqua c’è il tè: sono tre miliardi di tazze di tè al giorno quelle che si consumano nel mondo. Eppure anche il tè è a rischio. Nello Stato di Assam, da dove proviene la maggior quantità di tè indiano, vi sono lunghi periodi di siccità che facilitano il proliferare di parassiti che attaccano le piante del tè. I produttori sono così costretti a usare più pesticidi e a ricorrere a sistemi di irrigazione, facendo, in questo modo, aumentare i prezzi del tè. Dopo la grande siccità, spesso, giungono periodi di pioggia torrenziale, anch’essa dannosa perché distrugge il terreno. Con l’aumento della popolazione in India e in Cina, poi, il tè dovrà contendersi poi i terreni con altri tipi di colture.

IL RISO
È la fonte di nutrimento più usata al mondo, ma secondo alcune stime dell’IFPRI (International Food Policy Research Institute) la produzione del riso nel sud-est asiatico potrebbe ridursi fino al 15% entro il 2050. Una percentuale che, nonostante sembri piccola, porterebbe un impatto devastante sia all’alimentazione di molte popolazioni, sia all’economia di molti Paesi.
 
IL MIELE
Per l’Unione Europa l’impollinazione eseguita dagli insetti (per la maggior parte api) vale circa 15 miliardi di euro all’anno. Il problema è che questi insetti sono a rischio sopravvivenza a causa del cambiamento climatico che anticipa il loro risveglio dall'inverno e non fornisce loro l‘adeguata alimentazione per vivere nelle prime settimane. I fertilizzanti e i pesticidi, poi, influenzano il loro ciclo di vita. In Europa quasi il 10% delle specie di api sono a rischio estinzione. Un esempio di prodotto a rischio è il miele di mandorlo di Sicilia, che è sempre più raro perché si è ridotto il tempo di fioritura degli alberi e quindi quello che le api hanno per l’impollinazione.

LE MELE
Non saranno più le stesse. Una ricerca di alcuni scienziati giapponesi ha dimostrato come negli ultimi 30-40 anni i cambiamenti del clima hanno modificato il sapore e la consistenza delle mele: la varietà Fuji, ad esempio, nel tempo sarebbe diventata più dolce e meno croccante. Tutto questo è causato dalle temperature più alte che anticipano la fioritura.

LE CILIEGIE
Le temperature più calde di certo non aiutano le ciliegie, che invece hanno bisogno di freddo. Il ritardo dello sbocciare dei fiori diminuisce di molto la produzione di questa succulenta frutta. In alcune zone degli Stati Uniti, nel 2012, proprio per mancanza di clima freddo la produzione di ciliegie è crollata del 90%.

LA BIRRA
Potremmo mai vivere senza birra? Dovremo fronteggiare anche questa problematica, perché il caldo rende molto più difficoltosa la fermentazione naturale di molte birre artigianali. Le notti d’autunno sono infatti troppo calde per questa operazione e sono sempre meno i mesi in cui è possibile produrre birra a fermentazione naturale. 

L’AVOCADO
Alcuni scienziati hanno previsto che nei prossimi 32 anni la produzione di avocado in California calerà del 40 per cento. È però vero che in altre zone del mondo, come in alcune zone del Sud Italia, il cambiamento climatico ha permesso la coltivazione di questo frutto. Cosa che prima sarebbe stata impensabile.

LO SCIROPPO D'ACERO
Gli aceri sono molto stressati da inverni umidi ed estati asciutte, mentre avrebbero bisogno di temperature molto fredde di notte e miti di giorno per produrre la linfa da cui poi si ricava lo zucchero per lo sciroppo. Per affrontare questa problematica si sta coltivando l’acero sempre più a nord. Un tempo era in America che si concentrava di più questo tipo di coltivazione, oggi invece è in Canada. Rispetto a 50 anni fa, inoltre, la linfa ha meno zuccheri e, per mantenere la stessa dolcezza dello sciroppo, occorre utilizzarne di più.

LE ARACHIDI
Periodi caldi e secchi a cui seguono piogge torrenziali: anche le arachidi ne soffrono. La siccità, inoltre, porta anche alla contaminazione da tossine e funghi. Tutte queste problematiche ne alzano sempre di più il prezzo e, per non farlo diventare un lusso, gli scienziati stanno studiando varietà di arachidi che possano crescere anche in condizioni di siccità.
 

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