Le origini del formaggio sono incerte, anche se si dice che i primi ad ottenere questa preparazione, circa 18 mila anni fa, furono i pastori della Mesopotamia. Secondo una leggenda araba la nascita del formaggio sarebbe stata un caso, per la disattenzione di un pastore che, trasportando del latte attraverso il deserto in un otre fatto con lo stomaco di una capra, osservò un cambiamento. Tramite il calore gli enzimi sulla parete dell'otre si erano riattivati e, con l'aiuto dei movimenti subiti dal liquido durante il trasporto, avevano trasformato il latte in un composto giallo e granuloso: la cagliata.
La più antica testimonianza della lavorazione del formaggio è un bassorilievo sumero, risalente al III millennio a.C, chiamato il “Fregio della latteria”: qui i sacerdoti sono rappresentati mentre lavorano il latte. Ma è nel nel 2800 a.C. che in Italia, a seguito della precedente diffusione dell'allevamento di ovini e caprini, comincia la produzione del formaggio molle.
La parola formaggio deriva da "formos", termine con il quale gli antichi greci indicavano il paniere di vimini utilizzato nella produzione di questo alimento. In questo periodo il formaggio era presente sia nella quotidianità, come nutrimento per esempio degli atleti olimpionici, sia nel mito: Zeus, infatti, sarebbe stato nutrito con il latte e i formaggi della capra Amaltèa. Nella Roma imperiale il formaggio diventa il principe della tavola, con le varie lavorazioni e le preparazioni consumate durante i banchetti.
A partire dal Medioevo, la produzione del formaggio passò in mano ai monaci. Inizialmente ritenuto un cibo per poveri, cominciò poi nei secoli ad essere apprezzato anche dai più ricchi nelle sue varietà più pregiate. È proprio in questo momento che cominciano a differenziarsi in maniera decisiva le varianti di formaggio ereditate dalla tradizione dell'antica Roma. I monasteri sono il fulcro di questa prima fase di creazione delle varietà di formaggio che oggi definiamo classiche, come per esempio il Montasio dop, il Grana Padano dop e la Mozzarella, inventati nel XII secolo delle Abbazie di Moggio Udinese, Chiaravalle, San Lorenzo di Capua. Oltretutto, indicativamente dal 1200, nel Parmense e nella Bassa Lombardia, comincia a svilupparsi un'industria casearia, con alta specializzazione a livello di meccanica ma anche di maestria. Lo sviluppo dell'industria casearia continua fino ai tempi moderni, man mano privilegiando il latte vaccino a quello di pecora, il più utilizzato nell'antichità, e perfezionando quelle particolarità regionali che saranno il tesoro della produzione tipica italiana.
La produzione dei formaggi oggi deve fare i conti con l'evoluzione tecnologica, le esigenze di mercato vanno conciliate con i ritmi della società che cambia. Al giorno d'oggi, con il maggiore impiego di macchinari e di farmaci per i capi di bestiame, notiamo una completa sostituzione degli utensili in legno, indispensabili fino agli anni '70, sostituiti da strumenti in alluminio, plastica e acciaio inossidabile perché poco igienici, ma tuttora sempre presenti nelle piccole strutture artigianali. Nel giro di una ventina di anni si è passati dalla mungitura a mano alle mungitrici meccaniche, da un processo quasi totalmente manuale all'utilizzo di impianti, che davvero hanno rivoluzionato la produzione dal punto di vista delle quantità e della standardizzazione, ma che hanno seriamente minacciato una parte importante della tradizione casearia: l'essere umano. Con la crescente automatizzazione infatti, si rischia di diminuire l'occupazione, perdendo la maestria dei casari del passato, la passione che solo le mani delle persone sanno imprimere ai prodotti e il passaggio della tradizione alle nuove generazioni. In sintesi, le innovazioni nella produzione sono senz'altro positive per la competitività nel mercato, per i criteri igienici maggiori e per una qualità del prodotto che sia costante, ma bisogna stare attenti a non perdere quel tocco artigianale, pieno di conoscenza, che veramente restituisce tutti gli aromi della tradizione.
Da cibo dei poveri, il formaggio si è decisamente meritato un ruolo da protagonista in cucina: declinato nelle sue mille varietà riesce a prendere parte alle preparazioni più disparate, dolci o salate che siano.
I formaggi a pasta cruda, per esempio, si prestano ad aromatizzare zuppe e vellutate, rendendole anche più cremose. Si può per esempio lasciar sciogliere un po' di Gorgonzola dop, di Fontina dop o di Taleggio dop per dare un tocco innovativo ad una pietanza di tutti i giorni. Per primi e secondi ci si può sbizzarrire. In questi casi si usano formaggi sia a pasta cruda, sia a pasta cotta, siano essi il punto focale del piatto o solo un'aggiunta per insaporire: si va dai classici spaghetti Cacio e pepe al tagliere di formaggi con mostarda e marmellate, senza dimenticare sformati, involtini, risotti e chi più ne ha più ne metta.
Anche se i formaggi hanno un utilizzo più ampio nelle pietanze salate, non mancano i dolci preparati con questo ingrediente. Facendo attenzione alla scelta del tipo di formaggio da utilizzare, sia per quanto riguarda la consistenza, sia per il gusto e la stagionatura, si possono preparare dolci freschi ed originali. I migliori nei dessert sono i formaggi freschi, cremosi e non troppo salati, come la Ricotta, il Mascarpone o il Caprino: con questi possiamo preparare ad esempio l'americana Cheese Cake o il famosissimo Tiramisù nelle varianti più disparate.
Insomma, il formaggio è il re della cucina e simbolo di tradizione e di italianità nel mondo e, con le sue mille varietà, si presta perfettamente alla sperimentazione culinaria. Per questo non si può negare che i formaggi siano indispensabili ed irrinunciabili quando si parla di mangiare bene e di mangiare italiano.
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