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Astinenza dalle carni: ricette tradizionali per la santa Quaresima

Ci credete ancora ai precetti religiosi? Li rispettate? La vostra vita quotidiana è ancora segnata dal calendario gregoriano? Mi piacerebbe capire quante mani si stanno alzando in questo momento. Il nostro è un paese atipico nel panorama mondiale, in quanto la presenza di elementi religiosi e di atteggiamenti che sono condizionati da un calendario cristiano ancora predominante rimangono vivi e perseverano tra le generazioni. Se però viaggiate molto saprete che nel mondo globalizzato parlare di Quaresima e di mangiare magro sembra stia scomparendo piano piano. Che sia un bene o un male non lo possiamo dire noi, sta di fatto che la società è cambiata profondamente e i precetti religiosi sono sempre meno in voga tra le donne e gli uomini di questo mondo. 

Noi di Spaghetti & Mandolino però, come sapete, siamo dei bastian contrari dentro e, soprattutto, abbiamo una mission che è quella di sostenere la storia e la tradizione enogastronomica italiana, partendo dal più profondo della sua ancestrale espressione. Quindi, a proposito di Quaresima, per noi mangiare magro rimane ancora un precetto. Diciamo che cerchiamo in tutti i modi di resistere alle tentazioni.

Vi faremo quindi conoscere una serie di prodotti che potete preparare in cucina e rimanere nella “legalità” del tempo liturgico. Logicamente non vogliamo discriminare nessuna religione, ma solo ribadire una usanza antica che anticipa di cinque settimane la Santa Pasqua. In un certo senso un elemento fondamentale che ha condizionato nei millenni la scelta dei cibi e le ricette tipiche territoriali. 


Ricette senza tempo

Rimangono ancora molte ricette senza tempo che ancora oggi fanno capolinea nelle tavole non tanto per quello in cui si crede, ma per un fattore di tradizione culinaria tramandata di generazione in generazione. Se fossimo abitanti del Medioevo, durante il regno di Carlo Magno, la trasgressione dei periodi di magro era punita con la pena di morte. La Chiesa, per evitare queste ritorsioni, invitava i fedeli ad osservare il digiuno vietando la vendita di carne ai macellai (salvo al sabato dopo il Vespro). Questa tradizione è rimasta quasi dogmatica fino a non molti anni fa. Possiamo ben affermare che fino agli anni ’60, fino alla fine dell’epoca preconciliare, tutta la Chiesa manteneva ferma questo principio. Successivamente il vincolo ha iniziato a conoscere una serie di sfilacciamenti e oggi rimangono poche enclave di credenti che rimangono ortodossi rispetto a questa tradizione


Polenta e aringa

Ma qual era la lista dei cibi da portare in tavola, una volta esclusi tutti quelli provenienti da grassi animali terrestri? Pane, polenta, zuppe o minestre di ortaggi, tortelli a base di erbe, pesce fresco o conservato, pasta con salse vegetali e al pomodoro. Vero “companatico” della povera gente era l’umilissima aringa o saracca o rénga, dipendentemente dai territori italiani in cui veniva consumata. Era arida, secca, saporita e odorosa. In Veneto, a Verona in particolare, il giorno del Mercoledì delle Ceneri, terminato il Carnevale, si procedeva in una festa della Rénga che ancor oggi vede migliaia di partecipanti ogni anno. L’Aringa nel nord del paese era associata logicamente alla polenta, nelle sue varie varianti: solitamente gialla, bianca a Venezia, scura nelle terre lombarde e talvolta fritta in pianura padana. Siccome oltre all’astensione dalle carni c’era anche il digiuno, nelle famiglie più povere l’aringa era talvolta appesa ad una trave e lasciata penzolare sul tavolo. Il padre o la madre strofinava il pesce contro il pane per dare un po’ di sapore ed era tutto lì. Con un pezzo di aringa si poteva sfamare una famiglia numerosa. Il fatto che fosse così salata, infatti, impediva che se ne potesse mangiare troppa. 


Baccalà e stoccafisso per la Quaresima italiana

Un altro pesce che sostituiva dignitosamente la carne era il baccalà. Un prodotto che si poteva trovare da nord a sud del paese, con ricette diverse, adattate ai gusti e alle materie prime del luogo. C’è un proverbio che dice: “Non c’è Quaresima senza baccalà!”. Se ci pensate bene, è l’unico pesce che è in grado di rifornire l’organismo di un po’ di grassi che altrimenti arriverebbero dalla carne. La diffusione del baccalà in Europa deriva dal fatto che nel 1500 la Chiesa decise di estendere l’astensione dalle carni anche tutti i mercoledì e venerdì dell’anno, fino ad un totale di 150 giorni annui. I veneziani sono diventati famosi per la loro versione mantecata con la crema di latte. I vicentini ne hanno fatto uno dei piatti più identificativi della loro tradizione. In Emilia Romagna resiste ancor oggi il Baccalà in umido, nelle Marche il Baccalà con le patate, cipolle e olive nere.  Il baccalà è però anche un grande piatto della tradizione siciliana e di quella napoletana. Insomma un piatto che ha superato gli ostacoli degli usi e costumi di popoli con tradizioni culinarie differenti.  


Il cibo dei “furbetti”: l’uovo contraffatto

C’era chi si ribellava ai dogmi della Chiesa e tendeva degli agguati alle tavole rigorosamente prive di carne, uova e latte. Ricette che, letteralmente, “sfottevano” (lasciatemi questa libertà di linguaggio) la Chiesa e il clero e tutte le sue restrizioni. Una ricetta molto praticata era l’Uovo Contraffatto. Vi presentiamo il testo tratto da un libro di cucina del 1400, “Per la casa del principe o di altra illustra famiglia” di origine fiorentina… non c’erano dubbi! 
"Per preparare l’ovo praticatevi un foro, eliminate tuorlo e albume e sciacquate li gusci con acqua tiepida. Indi prendete latte di mandorla denso e tenetelo al fuoco fino che avrà bollito. Strizzatelo in un canovaccio e lo che resta ponetelo in un piatto. Riducetelo come zucchero, e una parte mescolatela con zafferano e zenzero e cannella. Indi ponete ne lo guscio il bianco, e ne lo mezzo il giallo che farà da tuorlo, e ancora di bianco ricolmate l’ovo".


Le lasagnette dei trulli

In Valle d’Itria, tra le province di Taranto, Bari e Brindisi, si trova un paesaggio incantato fatto di olivi, palme, mandorli e piccole strutture curiose: i Trulli. Alberobello ne è la capitale storica. In questo territorio una antica e tipica ricetta di Martina Franca, sono le Tagliatelle ricce alle acciughe. È un piatto di magro ma per la sua cremosità e consistenza sembra un piatto di grasso. Le tagliatelle ricce si dividono in due tipologie: le mafaldine se sono ricce da entrambe i lati, le tripoldine se sono ricce solo da un lato. La ricetta emula i maccheroni con il sugo di maiale dove le acciughe rappresentano la carne, mentre il pane grattugiato simula il formaggio. 


Quaresima e Buzzonaglia

Una ricetta regionale che può essere utilizzata durante il periodo quaresimale è senza dubbio quella siciliana con Buzzonaglia, capperi e origano. La Buzzonaglia di tonno è tutto ciò che rimane dal taglio e la sfilettatura del tonno. Possiamo definirla la parte povera della carne del tonno ma, come spesso capita in cucina, povero non fa rima con “dal sapore cattivo”. Infatti la Buzzonaglia è una espressione all’ennesima potenza del sapore tipico del tonno e rende benissimo con pasta di tipo poroso tipicamente del sud. In particolare delle belle Caserecce tengono molto bene tutto il sapore del tonno, delle sue briciole e dei pezzettini di carne. In aggiunta degli ottimi capperi siciliani e dell’origano fresco, il tutto condito con dell’Olio Extra Vergine Siciliano, fanno di un piatto magro un piacevolissimo e sostanzioso piatto di pesce.

Bernardo Pasquali

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